"Guerre non estetizzate, ci avreste creduto? Non abbiamo ancora anestetizzato l'animalismo in modalità di simulazione reversibili e illimitate"


Con questo lavoro sento di essere ancora legato alle forme della quiete romantica, piano piano mi avvicino alla distonia timbrica della postmodernità, dove la crisi delle dimensioni musicali è totale, inconsapevolmente per lo più, ma di fatto è il personaggio pubblico, pubblico più o meno vasto, che gustifica l'astrazione, lo scherzo, il gioco, la disarmonia, il carattere farsesco o grottesco della spesso istantanea narrazione.

I media tradizionali invece sono ancora molto formali e corretti, direi ancora minimalisticamente romantici, è proprio alle piccole o grandi comunità della quotidianità e del gioco che tocca la sperimentazione più estrema.

Dunque il tema di questo lavoro, la guerra e lo scontro, come tema a alta densità espressiva, come si addice al clumine della cultura coloniale che ci conduce all'inesorabile scenario delle guerre mondiali del 900. La domanda che faccio è diretta e molto pragmatica:
la potenza simulativa del gioco simbolico umano, non ha sostituito la guerra, perché? Sostituire la violenza con la messa in scena del conflitto, rendere reversibile e modulabile la differenza che uccide, perché non uccida più ma si compia, nell'esercizio della sintesi collettiva. La cura, come gioco della composizione, forte e chiara richiesta di superamento, perché di superiore c'è solo l'idea di superamento, non un corpo biologico o un destino cherisolva la contraddizione della presenza, dell'essenza, ma una vera proliferazione di stato che non fondi nella privazione la determinazione alla selezione, alla competizione, alla salvezza. L'asimmetria logica, di potere, smette di essere un tema di logoramento, di distanziamento, nel micro-macro fenomenologico quotidiano, diviene la pietra angolare della maturazione della vita materiale, al pari della vita intellettuale e della sua frangia mentalista più radicale: se si chiede quale sia la virtù, a qualunque umano che non debba lottare per sopravvivere, questi risponderà con una laconica "essere circondati di esseri viventi felici, tutti, indistintamente, in una pace perpetua universale".



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"Unaesthetized wars, would you have believed it? We have not yet anesthetized animalism into reversible and unlimited modes of simulation".


With this work I feel that I am still connected to the forms of the romantic quietness, slowly approaching the timbral dystonia of postmodernity, where the crisis of musical dimensions is total, unconsciously for the most part, but in fact it is the public persona, more or less large audiences, that relishes the abstraction, the joke, the play, the disharmony, the farcical or grotesque character of the often instantaneous narrative.

Traditional media, on the other hand, are still very formal and proper, I would still say minimalistically romantic, it is precisely to the small or large communities of everyday life and play that the most extreme experimentation comes as an unavoidable duty.

So the theme of this work, war and confrontation, as a theme with a high density of expression, as befits the clumine of colonial culture that leads us to the inexorable scenario of the world wars of the 1900s. The question I ask is direct and very pragmatic:
the simulative power of human symbolic play, has not replaced war, why? To replace violence with the staging of conflict, to make reversible and modulable the difference that kills, so that it no longer kills but is fulfilled, in the exercise of collective synthesis. Care, as a game of composition, strong and clear demand for overcoming, because superior is only the idea of overcoming, not a biological body or a destiny cherisolve the contradiction of presence, of essence, but a true proliferation of state that does not fund in deprivation the determination to selection, competition, salvation. Logical asymmetry, of power, ceases to be a theme of attrition, of distancing, in the everyday phenomenological micro-macro, becomes the cornerstone of the maturation of material life, on a par with intellectual life and its most radical mentalist fringe: if one asks what virtue is, to any human who does not have to struggle to survive will respond with a laconic, "to be surrounded by happy living beings, all, indiscriminately, in perpetual universal peace"


LB, January 7th, 2024